giovedì 5 febbraio 2009

nessun pacchetto sicurezza, medici, non spie!

Ieri il senato ha approvato l’ultimo atto del cosiddetto pacchetto sicurezza che tra i punti principali contiene:

-la tassa sul permesso di soggiorno (da 80 a 200 euro)

-la schedatura dei senzatetto

-la legalizzazione delle “ronde padane”

-la possibilità per i medici di denunciare i clandestini

Insomma, una legge che dopo l’instaurazione del reato penale di clandestinità sottolinea ulteriormente come una persona possa essere punita, penalizzata ed emarginata (peraltro anche dal primo fanatico che mette su la sua squadra di cacciatori di taglie) non tanto per qualcosa che fa, ma per qualcosa che secondo alcuni è: diverso, migrante, clandestino.

L’aspetto più disgustoso è senza dubbio il provvedimento leghista che, oltre a violare palesemente la costituzione, riduce il medico a fare il poliziotto e nega di fatto con la paura come strumento l’accesso alle cure mediche per tutti i migranti senza permesso di soggiorno, peraltro alimentando il rischio di incentivare circuiti medici “in nero” e di creare conseguenze gravi per l’intera sanità pubblica.

Ci chiediamo come sia possibile che nel nostro democratico paese si riesca ad adottare simili leggi razziste e perché mai un medico dovrebbe denunciare uno straniero e non un italiano, posto che (come Darwin insegna) i nostri patrimoni genetici, le nostre malattie come le nostre difese immunitarie sono le stesse.

E gli stessi dovrebbero essere anche i nostri diritti e le nostre libertà.

martedì 20 gennaio 2009

Obama in the house!

Alle 18.00 di oggi (ora italiana) il neo eletto presidente alla Casa Bianca, Barak Obama si è insediato a tutti gli effetti nella sua nuova carica.

Sapendo bene quanto la politica americana riesca sempre e comunque a influenzare la politica, l'economia e in molti casi anche la società mondiale non possiamo che augurarci che Obama riesca veramente a rappresentare quella possibilità di cambiamento che per milioni di persone ha incarnato in questi mesi.

domenica 18 gennaio 2009

tornando al Parini...

Come volevasi dimostrare, la brillante novità dei corsi di recupero istituita solo lo scorso anno dall'ex ministro dell'Istruzione Fioroni, si è rivelata assolutamente inattuabile (soprattutto dopo i taglia del successore, la ministra Gelmini mani di forbice).

Vi ricordate la formula del 15+15?? I corsi pomeridiani di recupero, 15 ore a materia nel pentamestre ed altre 15 a materia durante l'estate?

Ve la ricordate???

Benissimo, dimenticatevela!

Certo, perchè quest'anno il ministero non scuce un euro (e non emette ancora neanche indicazioni sul da farsi) e le scuole devono arrangiarsi.
Per esempio il Parini ha deciso di mobilitare le risorse del Fondo d'Istituto (normalmente a disposizione dei progetti scolastici che incrementano l'offerta formativa).
Purtoppo però 6 ore (6 ore!) a classe per tutte (tutte!) le materie è tutto quel che passa il convento, o per meglio dire la scuola.

Che situazione paradossale! E anche un pò imbarazzante a dire il vero, per uno degli 8 paesi più grandi del mondo...eh sì..proprio paradossale...

Se non fosse che...

Sapete se le scuole non dovessero offrire ripetizioni pubbliche e gratuite cosa succederebbe??

Chi può pagare confluisce nel mare di guadagni della Cepu (e der Pupone) e chi non può...stampato!

Non ci resta che piangere.

O forse no.

Non ci resta che tornare a surfare!

oNDaaNOmaLApaRIni--COllETtiVOreBEldE!



domenica gennaio...aggiornamenti

olmert: «Non intendiamo restare». vertice della pace, c'è anche Berlusconi

Hamas accetta il cessate il fuoco
Israele: «Il ritiro è cominciato»

Tregua violata al mattino, poi torna la calma.
E Gerusalemme avvia il ritiro dei primi soldati

Una veduta di Beit Lahia, semidistrutta dopo i raid israeliani. La popolazione torna a quel che resta delle proprie case (Afp)
Una veduta di Beit Lahia, semidistrutta dopo i raid israeliani. La popolazione torna a quel che resta delle proprie case
MILANO - «Se il cessate il fuoco sarà stabile Israele uscirà dalla striscia di Gaza, che non ha mai avuto intenzione di riconquostare». Il premier israeliano Ehud Olmert chiude così una giornata fondamentale per la crisi innescata una ventina di giorni fa nella Striscia di Gaza. Al termine del vertice di pace organizzato a Sharm El Sheikh dall'Egitto il premier israeliano ha prima dato il via al ritiro «parziale» delle prima unità militari. Poi, alla presenza dei sei leader europei giunti dal vertice di Sharm, ha precisato che Gerusalemme non ha intenzione di occupare militarmente la Striscia.

TV ISRAELIANA: «INIZIATO IL RITIRO» -Il ritiro israeliano da Gaza è iniziato in serata. A dare l'annuncio la televisione privata Canale 10, secondo cui diverse unità domenica sera sono rientrate in territorio israeliano. Si tratta, ha precisato l' emittente, di colonne di mezzi blindati e di unità di fanteria. All'ingresso in Israele - ha aggiunto l'emittente televisiva israeliana - i militari sventolano sorridendo le bandiere nazionali e fanno con le dita il segno della vittoria.

HAMAS: SI' ALLA TREGUA - Hamas, nel pomeriggio, aveva accettato il cessate il fuoco e lo stesso vale per le diverse fazioni palestinesi riunite a Damasco. Ne aveva dato notizia un portavoce della Jihad islamica, uno dei gruppi che si sono ritrovati nella capitale siriana, dopo che già un rappresentante di Hamas aveva annunciato la decisione di far tacere temporaneamente le armi. I gruppi armati palestinesi hanno fatto sapere che «per una settimana» interromperanno le ostilità, ma in questo lasso di tempo l'esercito israeliano dovrà provvedere a lasciare il territorio della Striscia. Però dal vertice per la pace sono arrivate anche da alcuni leader europei, in primo luogo dal presidente francese Nicolas Sarkozy e dal premier britannico Gordon Brown, sollecitazioni a Gerusalemme per un ritiro dei propri soldati: «non c'è ragione perché restino a Gaza». Silvio Berlusconi, dal canto suo, ha fatto sapere che nel quadro di un intervento multinazionale di interposizione l'Italia è pronta ad una partecipazione attiva con l'invio di reparti di carabinieri per presidiare i valichi.

Un soldato su un tank esulta uscendo dalla Striscia di Gaza (Afp)
Un soldato su un tank esulta uscendo dalla Striscia di Gaza
ATTACCO E RITORSIONE - Le premesse non erano state buone. Il cessate il fuoco era durato solo lo spazio di poche ore: nella notte, a tregua unilaterale già iniziata, diversi razzi lanciati dal territorio della Striscia avevano raggiunto le cittadine del sud di Israele, in particolare Sderot, senza però causare danni o ferimenti. L’aviazione israeliana aveva replicato colpendo alcuni obiettivi nel nord della Striscia di Gaza, in particolare nell’area di Beit Hanoun. Stando a quanto riportato dalle agenzie di stampa, una donna e la sua bambina sono rimaste ferite. Secondo quanto risulta al Corriere della Sera, poi, il numero di razzi partiti all'indirizzo di Israele sarebbe più alto rispetto ai cinque riportati dai bollettini ufficiali. E va registrata a Khan Yunis la morte di un ragazzo colpito da un cecchino. Altri tre razzi sparati dalla striscia di Gaza sono poi caduti nel Neghev occidentale, dopo l'inizio della tregua annunciata da Hamas, senza causare vittime e neppure danni. Nel complesso più di venti razzi sono caduti dalle prime ore di oggi in Israele. Tre persone sono state ferite, nessuna in modo grave, nell' esplosione di un razzo a Ashdod.

CADAVERI RECUPERATI - Inoltre, dall'inizio della tregua unilaterale sono stati 95 i cadaveri estratti dalle macerie di edifici crollati a Gaza. Il bilancio arriva da fonti sanitarie palestinesi. I corpi recuperati nelle ultime ore portano ad almeno 1.300 le vittime palestinesi dall'inizio dell'offensiva «Piombo Fuso». I cadaveri sono stati tirati fuori dalle rovine di abitazioni e baracche bombardate nei campi profughi di Jabaliya e Beit Lahiya, mentre alcuni sono stati trovati a Zeitun, tutte zone in cui nei giorni scorsi erano infuriati alcuni dei combattimenti più violenti tra truppe israeliane e miliziani di Hamas.

I LEADER EUROPEI: «BENE L'INIZIO DEL RITIRO MA NON BASTA» - Al vertice per la pace a Sharm El Sheikh hanno preso parte i leader di molti Paesi che hanno deciso di impegnarsi sul fronte diplomatico. Tra loro anche il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e il presidente dell'Anp, Abu Mazen, che sembrava non dover partecipare. Anche da alcuni leader europei è arrivata la richiesta a Israele per un ritiro delle proprie truppe. Secondo il presidente francese, Nicolas Sarkozy, «non c'è necessità di rimanere a Gaza» perché questo «non offrirebbe nulla alla sicurezza di Israele ma minerebbe il potere del presidente palestinese Abu Mazen che noi appoggiamo in pieno perchè lui sostiene la pace. Ma non ci sará pace se Israele rimarrá a Gaza». «La tregua - ha aggiunto Sarkozy al termine del vertice - è solo il primo passo». Il premier britannico Gordon Brown ha apprezzato l'inizio del ritiro delle truppe israeliane da Gaza ma ha anche chiesto che lo Stato ebraico compia un passo ulteriore aprendo «i valichi» dell'enclave costiera

LA LETTERA A MUBARAK - I capi di stato e di governo europei si erano fin qui mossi in ordine sparso e anche la presidenza di turno della Ue, la Repubblica Ceca, è rimasta indecisa sul da farsi. I leader di Italia, Francia, Gran Bretagna e Germania, invece, avevano deciso di indirizzare una lettera al presidente egiziano Hosni Mubarak, che ha tenuto le file del lavoro diplomatico attorno all'interruzione delle ostilità, in cui si impegnano ad assumere «una serie di misure tese a facilitare» il risultato di un cessate il fuoco duraturo.

L'IRAN: «ISRAELE SCONFITTO» - Mentre a Occidente la notizia del cessate il fuoco unilaterale era stata accolta con sollievo e vista come gesto distensivo da pare di Israele, dall'Iran la decisione è stata considerata «un simbolo della sua sconfitta». Da Teheran il ministro degli Esteri iraniano, Manucher Mottaki, ha poi sottolineato che una tregua senza un ritiro delle forze dello stato ebraico da Gaza non può garantire una fine dei combattimenti. Soltanto la riapertura dei valichi di frontiera può ripristinare la calma, ha aggiunto in una nota.


18 gennaio 2009


ASCOLTA ANCHE: "Ma a Gaza si muore ancora" (dell'inviato del Corriere)"

sabato 17 gennaio...aggiornamenti

Il governo israeliano sta valutando in queste ore la possibilità di dichiarare unilateralmente il cessate il fuoco, senza riconoscere un ruolo di controparte diplomatica ad Hamas e rendendo in questo senso vani i propositi della "proposta egiziana".
La trattativa è al momento in stallo attorno ad alcuni nodi tra i quali il ritiro completo di Tsahal dalla Striacia e l'allentamento dell'embargo economico, ma questa mossa del governo israeliano sembra finalizzata a declinare presto le responsabilità della guerra di fronte alla comunità internazionale, senza però riconoscere ad Hamas il capitale politico di una trattativa ufficiale con Israele e soprattutto senza dover negoziare sui punti di disaccordo.
La tregua avverrebbe dunque senza il ritiro delle truppe e senza allentamento dell'embargo e sarebbe dunque difficilmente attuabile, Hamas ha già dichiarato che continuerà la resistenza nel caso in cui le truppe israeliane dovessero permanere come occupanti nella Striscia di Gaza.

giovedì 15 gennaio 2009

L'OPERAZIONE "PIOMBO FUSO"

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Sabato 10 gennaio Il presidente di Al Fath Abu Mazen dichiara che sarebbe auspicabile l'intervento

di forze di interposizione Onu, mentre truppe di Tsahal sono avvistate alla periferia di gaza City. L'Onu dichiara di essere disponibile a entrare nuovamente nella Striscia.

Venerdì 9 gennaio
L'Onu approva una risoluzione per un cessate il fuoco duraturo, e immediato, ma il governo israeliano lo ignora.

Giovedì 8 gennaio Viene resa pubblica la denuncia di una trappola mortale in cui sono finite alcune decine di Palestinesi, costretti a rifugiarsi in un edificio che successivamente è stato colpito dal fuoco israeliano.

Mercoledì 7 gennaio Israele dichiara una tregua di tre ore tra le 13.00 e le 16.00 che dovrebbe durare tutti i giorni, Hamas la accetta, ma durante la tregua viene colpito un autobus delle nazioni Unite che dichiarano di ritirarsi dalla zona fino a quando non avranno garanzie precise da parte di Israele. Rimangono nella Striscia soltanto alcune associazioni, onlus o ong che denunciano però l'inconsistenza della tregua che, oltre ad essere soltanto a Gaza city, mentre nel resto della Striscia continua la guerra, non viene rispettata da Tsahal.

Martedì 6 gennaio Un missile israeliano colpisce una scuola dell'Onu in cui si sono rifugiati civili palestinesi, i morti sono più di 40, sono colpite anche numerose cliniche mobili, gestite da alcune associazioni umanitarie che hanno scelto di non abbandonare la Striscia. Intanto a Khan Yunis avvengono scontri tra i militanti di Hamas e Tsahal.

Lunedì 5 gennaio Il Times pubblica delle immagini che provano l'utilizzo del fosforo bianco durante le operazioni militari sulla città di Gaza.

Domenica 4 gennaio Le forze stanno avanzando nella zona centrale e avrebbero raggiunto la zona dell'ex colonia ebraica di Netzarim (presso il campo profughi Nusseirat).Occupate ampie zone del nord fra Beit Hanun, Beit Lahya e Jabalya. All'attacco di terra e di aria si unisce quello di mare. Nella notte 45 gli obiettivi colpiti. Il ministro della difesa di Tel Aviv ribadisce che l'operazione «sarà estesa, sulla base delle nostre necessità»

Sabato 3 gennaio inizia l'invasione via terra da parte di Tsahal, da tre differenti punti della Striscia di Gaza. L'obiettivo ufficiale di una operazione che, secondo il governo «potrà durare a lungo» è occupare i luoghi da dove vengono lanciati i razzi Kassam invadendo il Nord. Al centro le truppe cercano di spezzare la Striscia e al sud bloccanoi rifornimenti.

Venerdì 2 gennaio migliaia di palestinesi in Cisgiordania e nell'est di Gerusalemme protestano contro le incursioni israeliane mentre migliaia di persone hanno manifestato in diverse zone del Medio Oriente, e non solo, per sostenere la causa palestinese. Il segretario di Stato Usa Condoleeza Rice ha chiesto il cessate il fuoco ''duraturo'' per non ritornare allo ''status quo'' precedente, ma il presidente statunitense Bush parla soltanto della necessità di fermare i razzi di Hamas. Il Body Count è arrivato a 430 palestinesi uccisi e 2.250 feriti.

Giovedì 1 gennaio 2009, 30 importanti edifici vengono colpiti dall'esercito israeliano a Gaza. Hamas lancia un appello ai Palestinesi della Cisgiordania per un ''giorno di collera'' contro lo Stato ebraico.

Mercoledi' 31 dicembre i raid israeliani continuano, mentre alcuni razzi lanciati da Gaza arrivano a 40 chilometri all'interno del territorio israeliano. Israele permette ad alcuni camion internazionali l'accesso nella Striscia di Gaza per il passaggio di rifornimenti umanitari ma respinge la tregua proposta dal Usa, Ue, Onu e Russia.

Martedì 30 dicembre un portavoce dell'esercito, fa sapere che le forze dello Stato ebraico sono pronte, se necessario, alle operazioni di terra. Anche il Premier Ehud Olmert spiega che i bombardamenti sono i primi di una lunga serie approvata dal consiglio di sicurezza.

Lunedì 29 dicembre, il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak utilizza l'infelice espressione ''guerra totale'' contro Hamas.

Domenica 28 dicembre Il governo israeliano minaccia in una dichiarazione l'intervento via terra. Aerei da guerra israeliani bombardano 40 tunnel, usati per il traffico di armi, tra il confine che divide Gaza e l'Egitto. Da quel momento l'Egitto decide di chiudere i valichi nonostante gli appelli dei palestinesi. In tutta Europa e in tutto il mondo arabo cominciano a diffondersi le proteste contro i raid israeliani.

Alle 11.30 di sabato 27 dicembre Israele lancia un massiccio raid aereo contro la rete di infrastrutture del movimento islamista che controlla Gaza dal giugno del 2007. Secondo le dichiarazioni di Tsahal l'operazione 'Piombo Fuso', un attacco senza precedenti dal 1967, ha l'obiettivo di bloccare gli attacchi missilistici di Hamas. L'Egitto inizia un nuovo tentativo di mediazione aprendo i suoi confini con Gaza solo ai palestinesi feriti.

un pò di storia...

Dichiarazione di Balfour 1917
Suddivisione del mandato britanico 1947

Nel 1947 l'assemblea generale delle Nazioni Unite stabilisce i confini di uno Stato Ebraico all'interno del Mandato britannico in Palestina al 55% del territorio, individuando un 45% per la popolazione araba dello stesso territorio.
Le premesse sono ovviamente tutte nella responsabilità europea nell'olocausto, nella Shoa, ovvero nel massacro di sei milioni di ebrei da parte del regime nazista e dunque nella necessità degli ebrei di trovare un luogo in cui edificare uno Stato in cui non essere minoranza etnica. Un'altra premessa importante è lo sviluppo del sionismo avvenuto nei decenni precedenti, a partire dalla Dichiarazione di Balfour


Guerra del 48
Nel 1948, pochi mesi prima della proclamazione di indipendenza dello Stato di Israele comincia una guerra tra Egitto, Transgiordania, Siria, Iraq, popolazione araba della Palestina e sionisti, alla fine della quale viene dichiarato lo Stato di Israele con il 70% del territorio dell'antico mandato britannico.
Quella che per Israele è la guerra di indipendenza per centinaia di migliaia di arabi fu la Nakba, la cacciata violenta dalle loro terre.



Guerra dei Sei Giorni
Combattuta da Israele contro
Egitto, Siria, e Giordania. L'Iraq, l'Arabia Saudita, il Kuwait e Algeria, ha come antefatto la crisi del 1956 che vide contrapposti, attorno al controllo del canale di Suez gli interessi Francesi e Inglesi (che si appoggiarono all'intervento immediato di Israele) e quelli Egiziani (appoggiati dall'Unione Sovietica) e risolta con l'intervento americano volto a evitare escalation.
I due protagonisti furono Nasser sul fronte arabo e Sharon su quello ebraico. Il primo voleva riunire un fronte progressista di Paesi Arabi attorno al sogno, mai dimenticato, di riportare nell'ex mandato britannico la situazione allo Status Quo precedente alla guerra del 1948, il secondo arrivò a minacciare il colpo di Stato militare se il presidente israeliano Eshkot non avesse dichiarato la guerra.



Guerra del Kippur o del Ramadan e ritiro dal Sinai
Sadat, nuovo presidente Egiziano, assieme alla SIria decide nel 73 un tentativo di riscossa nei confronti di Israele che si concluderà negli accordi di Camp David. L'intervento degli Stati Uniti permette a Israele di vincere, ma gli impedisce di annientare le truppe nemiche, fino a condurre agli accordi di Camp David che segnano un avvicinamento tra Egitto e Israele che porterà alla pace e alla riconsegna del Sinai nel 1982 allo Stato Africano da parte dello Stato Ebraico. Lo stesso non avviene con le alture del Golan.



Sabra e Shatila
Si inserisce all'intero della guerra civile Libanese l'intervento israeliano a favore dei Cristiano Maroniti in Libano, contro la Siria e l'Olp che, dopo Settembre Nero (la guerra che aveva scacciato la dirigenza paestinese e i fiddayn di AlFath dalla Girdania), si era stabilita in Libano.

Accordi di Oslo

Gli accordi di Oslo tra Rabin e Arafat, costituirono l'Autorità Nazionale Palestinese, dovevano essere l'inizio di una Road Map che arrivasse a creare nella Striscia di gaza e in Cisgiordania uno Stato Palestinese con capitale Gerusalemme grazie al ritiro delle truppe israeliane che occupavano quei territori dal 1967 in cambio del riconoscimento ufficiale di Israele da parte dei Palestinesi.
Fino allo stabilimento di un accordo sullo status finale, Cisgiordania e Striscia di Gaza sarebbero state divise in tre zone:

  • Zona A - pieno controllo dell'Autorità palestinese.
  • Zona B - controllo civile palestinese e controllo israeliano per la sicurezza.
  • Zona C - pieno controllo israeliano, eccetto che sui civili palestinesi. Questa zona comprendeva gli insediamenti israeliani e le zone di sicurezza senza una significativa popolazione palestinese.
Gli accordi non sono mai stati applicati e i territori dei coloni israeliani sono andati crescendo negli anni. Fino al ritiro dalla Striscia di gaza.




Oggi Israele
ha una politica che, più che ambigua, è chiaramente orientata alla frammentazione delle due fascie di territorio " sotto controllo " dell'Anp, il muro, i ceck Point, la distribuzione dell'approvvigionamento idrico, il tentativo di delegittimare la controparte come interlocutore credibile, sono tutte cose che mettono in luce evidentemente che non appare una soluzione all'ordine del giorno quella di consegnare l'indipendenza alla Palestina il ritiro di tutte le truppe dalla Striscia di Gaza avvenuto due anni fa, pare in questo quadro un segnale ipocrita e senza prospettive di pacificazione.